venerdì 30 novembre 2007

In Rifondazione adesso la discussione è aperta


Dal sito nazionale del Partito


di Anubi D’Avossa Lussurgiu
«Basta»: è la parola chiave per capire cosa accade nella maggiore forza di sinistra della coalizione sulla quale sinora, sino al voto di ieri sera compreso, si è sorretto il governo Prodi. In Rifondazione comunista, pur con conclusioni e ragionamenti diversi fra il gruppo dirigente del partito come fra i più che nel gruppo della Camera hanno scelto il sì alla fiducia e dall’altra parte quanti hanno proposto il voto contrario, quel concetto, «basta», è trasversale.Lo esprime lo stesso segretario nazionale Franco Giordano nella dichiarazione di voto, con le parole «una fase si è definitivamente chiusa» riferite al senso della «verifica» richiesta per gennaio e dalla quale «dipenderà la nostra collocazione politica». Che dunque non è più scontata, intendendo la collocazione nel governo: può rideterminarsi, diversamente. E infatti il «basta» echeggia anche, stavolta nel senso della constatazione oggettiva, in altre parole di Giordano, quelle che riguardano il giudizio sulla subalternità a Confindustria esibita dal governo: «Non siete liberi: quando la politica non è libera, è una politica morta».
E’ il riflesso, d’altronde, della discussione nel gruppo dirigente, che proprio Giordano definisce «vera». Serrata, insomma. Come d’obbligo nella situazione attuale. La cui asprezza è stata registrata, soggettivamente, proprio dal confronto apertosi l’altro ieri nel gruppo del Prc a Montecitorio. Un’asprezza che, votata la fiducia da tutti “per disciplina collettiva”, con l’eccezione di Salvatore Cannavò che per Sinistra critica ha annunciato anche il no di Franco Turigliatto al Senato, resta adesso tutta da affrontare nelle prossime scelte. A partire, con un gioco di parole, dalla verifica della “verifica”.Sulla richiesta della verifica «politico-programmatica» per gennaio, è chiaro che chi ritiene fosse già matura e motivabile una rottura non condivide la dilazione temporale, sia pure aperta anche alla possibilità d’una crisi. E come tutti i media ieri riportavano questo riguarda, conti della votazione nel gruppo martedì alla mano, almeno dieci degli eletti del Prc a Montecitorio. Detto ciò, l’impegno rappresentato dal carattere ultimativo delle parole del segretario del partito ieri in Aula è stato registrato: e con molta condivisione, anche emotiva e anche fra quanti nel gruppo avevano sostenuto la possibilità di votare “no” alla fiducia. Dunque l’atmosfera è quella, come si può capire piuttosto intensa, d’una attesa attenta ed attiva da parte di tutti: perché riguarda il destino stesso del Prc, maggiore forza di quella sinistra che discute di unità ma che al contempo deve rispondere al problema, ormai in primo piano, del bilancio dell’esperienza governativa.
Distintamente, Cannavò ha messo agli atti con la sua dichiarazione di voto di valutare la fiducia di ieri come l’«esito fallimentare di una strategia sbagliata che si illudeva che non Prodi “il Paese sarebbe cambiato davvero”», ne trae il giudizio che «per la Sinistra è una Caporetto» e «per Rifondazione si chiude il senso stesso della propria esistenza» e coerentemente definisce il proprio “no” una «frattura con l’appartenenza al mio gruppo». Ma sia quanti avevano nella riunione dell’altro ieri sostenuto il “no” per conformarsi poi alla scelta della maggioranza sia quanti l’avevano appunto ratificata votando per la proposta di “sì” per «vincolo sociale» avanzata dalla segreteria, ieri si interrogavano sullo stesso problema. E cioè: come si fa, ora, a realizzare la verifica promessa?Tra i primi con il dubbio, quando non una certezza manifestata polemicamente, che si tratti di uno strumento spuntato. In Aula prende la parola a sua volta un esponente della minoranza de “l’Ernesto” come Gian Luigi Pegolo, a dire che già l’imposizione della fiducia «vuol dire che sono venute meno le condizioni minime che giustificavano la presenza del mio partito e delle altre forze di sinistra nel governo». Ma anche oltre i confini delle minoranza c’è chi chiede la messa all’ordine del giorno d’un bilancio politico netto. E l’indipendente Francesco Caruso, personalmente, la mette così, con un po’ di colore: «Per quel che mi riguarda il governo Prodi d’ora in poi si può considerare a pieno titolo un precario con il contratto a termine scaduto».Poi, fra quanti alla verifica danno credito, ci sono le domande aperte sui mezzi per imporla ed ottenerla «vera». E’ d’altra parte quanto viene dibattuto nel confronto in corso nel gruppo dirigente del partito. Che dalla segreteria vedrà la composizione di un “dispositivo” da porre alla discussione della direzione nazionale, convocata per lunedì prossimo. Mentre ci sono organismi territoriali che cominciano a prendere la parola: come la segreteria regionale del Prc lombardo, che sulla «verifica» afferma che «non può attendere gennaio ma deve svilupparsi immediatamente». Ora o a gennaio, una esponente della maggioranza di partito come Elettra Deiana, convinta della decisione formale, chiosa a sua volta: «Per me si potrebbe e si dovrebbe, per imporre la verifica, anche sospendere l’intera delegazione del Prc nel governo». E Peppe De Cristofaro torna al senso di quel «basta» diversamente condiviso: «Oltre il programma, a non esistere più è l’Unione. E l’effetto destabilizzante della nascita del Pd non è un rischio, c’è già».
ROma, 29 novembre 2007

giovedì 29 novembre 2007

E' l'ultima possibilità


Pubblico qui sotto l'intervento di Franco Giordano Segretario nazionale PRC-SE. Questo è ciò che ha dichiarato ieri il Segretario nazionale durante il dibattito parlamentare sulla discussione sul protocollo del welfare!

Buona Lettura


Signor Presidente, voteremo a favore della fiducia solo per non far «scattare» la mannaia dello «scalone» Maroni, che impone a molte lavoratrici e a molti lavoratori un salto brusco di tre anni nell’attesa della pensione. Voteremo, dunque, per un vincolo sociale.Altri hanno giocato sulla pelle dei lavoratori con i loro intrighi di palazzo e di potere. Noi siamo anche moralmente diversi da loro. Non votiamo per un vincolo politico: quel vincolo si è dissolto da quando il Governo ha scelto di seguire poteri esterni alla sua maggioranza, fino a creare un’imbarazzante quanto inaudita messa in mora del Parlamento.
Perché questa fiducia? Siamo stati e siamo critici in merito alla proposta di riforma dello «scalone», perché alla fine è stata accettata la filosofia della destra sull’aumento dell’età pensionabile. Siamo stati ancora più critici sul tema della precarietà. Eppure, signor Presidente, abbiamo rispettato il responso del referendum e, con responsabilità, abbiamo lavorato per migliorare quel testo su entrambi i fronti. Vi è stato un voto comune unitario di tutta la coalizione. Avete cambiato il testo in cui si tutti riconoscevano con un gesto autoritario, figlio di una cultura neocorporativa.
Lei pensa che saranno contenti quei lavoratori che hanno votato «sì» al referendum, pensando di essere compresi, facendo tre turni, tra i lavoratori usuranti, mentre scopriranno di essere stati beffati? Chi manda a spiegarglielo in un ospedale, in una fonderia o alla Mirafiori? Ci va lei, Ministro Damiano? Ci va il senatore Dini? Pagherei il biglietto per assistere! La verità è che lì non vi sarà il pubblico di Ballarò ad applaudire.Chi manda a spiegare alle ragazze e ai ragazzi che, durante la campagna elettorale, hanno investito con tanto entusiasmo su un’alternativa al modello di precarietà di Berlusconi, che non c’è praticamente limite ai contratti a termine e che, tra un contratto a termine, un contratto interinale e altre «diavolerie», essi possono trascorrere tutta la vita senza essere mai stati stabilizzati? Glielo spiega Bombassei? Luca Cordero di Montezemolo?
Signor Presidente, lei forse ha equivocato le nostre parole, quando abbiamo affermato che il presidente di Confindustria guadagna almeno quanto mille dei suoi dipendenti: non volevamo certo affermare che il suo voto vale più di quello di tutti i lavoratori italiani.La malattia di questo Governo non risiede solo nella risicatezza dei numeri al Senato, ma in una perdita di autonomia verso Confindustria: lo si è visto a proposito del cuneo fiscale, dell’IRAP, dell’IRES e, oggi, della precarietà. Non siete liberi: quando la politica non è libera, è una politica morta.Dove sono in quest’aula tutti coloro che, quando difendevamo gli interessi previdenziali dei lavoratori, ci dicevano che le priorità erano i giovani? Il Partito Democratico ha qualcosa da affermare in proposito e sul futuro dei giovani?Non vi dice nulla quanto sta succedendo in Francia? È coerenza quella delle forze sindacali che oggi chiedono l’accettazione integrale del Protocollo e domani sono pronte a negoziare proprio su quel testo? Il modello di sviluppo che propone Confindustria porta questo Paese in un vicolo cieco: bassi salari, bassi livelli formativi, precarietà generalizzata. Inseguire loro nella contrazione del costo del lavoro e nella competitività di prezzo ci consegna una marginalità e non crea un’alternativa economica di qualità e di valorizzazione ambientale, mortificando risorse intellettuali e condannando i giovani a una precarietà esistenziale.
Presidente Prodi, non si occupi di Rifondazione Comunista e della sua unità: su questo tema ha già avuto modo di sbagliarsi nel passato.Si occupi del fatto che, negli ultimi cinque anni, i lavoratori dipendenti hanno perso ogni anno 1.900 euro, in media, del loro potere di acquisto. Si occupi dei sette milioni di lavoratori sotto i mille euro, la maggior parte precari. Si occupi dei centomila giovani che, ogni anno, migrano dal sud ai tanti nord del Paese, in situazioni di totale precarietà e di insicurezza nelle loro prospettive: altro che retorica sulla famiglia!Faccia rinvenire un po’ di risorse finanziarie con il recupero del fiscal drag e, a proposito di tasse, detassi gli aumenti contrattuali, così da facilitare lo sblocco dei contratti nazionali, che proprio Confindustria si ostina a non chiudere.
Nel Paese vi è una crisi sociale che non vedete, per inseguire le giravolte dei voltagabbana di turno. Così non si può andare avanti. Vi chiediamo formalmente tutti quanti, tutta la sinistra, per gennaio, una verifica politico-programmatica.Il programma con cui ci siamo presentati alle elezioni non esiste più: è pura archeologia industriale.Il 20 ottobre un milione di giovani e di lavoratori vi hanno chiesto di cambiare, con uno spirito unitario e una passione straordinaria: quel popolo e quei giovani non si meritano ciò che accade.
Da quella verifica impegnativa dipenderà la nostra collocazione politica: non illudetevi, al primo posto di tale verifica vi è proprio il tema della lotta alla precarietà, vi sono le questioni dirimenti della pace e della guerra, il tema del disarmo, la formazione, la ricerca, l’alternativa ambientale, i diritti civili - che, in virtù di veti di settori della coalizione, sono passati nel dimenticatoio - i diritti dei migranti, quelli della democrazia e, in particolar modo, della democrazia parlamentare, che oggi subisce uno smacco bruciante.Ella lo ha sentito: lo chiede tutta la sinistra, un terzo della sua coalizione.Si è definitivamente chiusa una fase.Bisogna cambiare, cambiare l’agenda e le priorità del lavoro e del Governo.
È l’ultima, e neanche certa, possibilità per ricostruire un rapporto con quella parte del Paese che non ce la fa più. Basta uscire fuori da questo palazzo o da quello qui a fianco per capire che il problema non è la tensione tra diplomazie della politica (sarebbe ben poca e misera cosa); è un problema di rapporto con una parte significativa e dolente della società, quella che non riuscite a vedere: i precari, la condizione operaia e tanta parte del lavoro dipendente.Noi non sprecheremo più un’occasione, cercate di non sprecarla voi, perché questa è proprio l’ultima.
Franco Giordano

mercoledì 28 novembre 2007

Nota dell´esecutivo nazionale dei Giovani Comunisti/e del PRC.

Nota dell´esecutivo nazionale dei Giovani Comunisti/e del PRC.
"Il protocollo sul welfare smentisce gli impegni presi in campagna elettorale da questo governo. La lotta contro la precarietà è stata sulla bocca di tutte le forze politiche durante la campagna elettorale ed era nel programma di governo.
Se questo è il risultato, evidentemente lo scollamento tra il governo e gli obiettivi che si era dato è drammaticamente grave. Questo provvedimento è in realtà del tutto inefficace ed infatti perpetua per un´intera generazione la prospettiva già assodata di una vita precaria.
Contemporaneamente attraverso l´accorpamento delle misure sul sistema pensionistico e di quelle su welfare e mercato del lavoro, il governo continua ad alimentare nel paese un presunto e strumentale conflitto generazionale che ci sentiamo di rifiutare in maniera netta.
Al di là della fiducia istituzionale che domani voteranno le camere, è certo che i precari e giovani non ripongono più le proprie aspettative in questo governo, le cui scelte non sono in sostanza condivise non solo in parlamento ma soprattutto nella società. Di una cosa siamo certi, la lotta contro la precarietà non si chiude domani, anzi trova nuove ragioni."
Roma 27.11.2007

martedì 27 novembre 2007

Ciao Maskio!

Riporto, purtropo con troppo ritardo, un articolo sula manifestazione di sabato scorso a Roma contro la violenza sulle donne. Chiedo scusa per non aver seguito e pubblicato in tempi utili sia l'appello, sia il materiale pubblicato dai media e compagne dopo la manifestazione! ;-(

Ci ha provato pure la pioggia a mettersi di mezzo, ma neanche il temporale iniziale è riuscito a bloccare le centocinquantamila donne che ieri sono scese in piazza a Roma per un corteo straordinario, radicale contro la violenza degli uomini, senza distinzione di passaporto, sulle donne di Lea Melandri - Angela Azzaro
Ci ha provato pure la pioggia a mettersi di mezzo, ma neanche il temporale iniziale è riuscito a bloccare le centocinquantamila donne che ieri sono scese in piazza a Roma per un corteo straordinario, radicale contro la violenza degli uomini, senza distinzione di passaporto, sulle donne.
Un successo inaspettato anche per le organizzatrici di una manifestazione autonoma da partiti e sindacati che è stata autorganizzata dai tanti collettivi, associazioni, centri antiviolenza che per un mese hanno lavorato per portare tutte queste realtà in piazza. Inaspettato successo anche per la radicalità del messaggio politico che ha puntato non sulle cosiddette vittime, ma sulla messa in discussione degli uomini e della famiglia, e che ha respinto al mittente le politiche sicuritarie e repressive del governo.
No alla famiglia, no al pacchetto sicurezza sono stati gli slogan più ripetuti, urlati dalle protagoniste del corteo. Slogan e richieste di cui nessuno si poteva appropriare, tanto meno quelle ministre che hanno firmato il pacchetto sicurezza e che continuano a difendere la famiglia. La reazione di molte donne al loro presenzialismo mediatico non poteva essere differente: di protesta contro le strumentalizzazioni, anche quelle di La7 che stava dando la parola al governo. Almeno per un giorno, uno, la politica istituzionale doveva fare un passo indietro e stare a sentire una voce collettiva.
La parola delle donne, la loro autonomia, la loro forza, era quello che ieri c'era in piazza ed è quello che fa paura, spaventa, terrorizza. L'incapacità di stare a sentire il protagonismo delle tante femministe racconta di una paura maschile a mettere in discussione il proprio potere. Forse anche per questa ragione, oltre alle dovute contestazioni alle ministre strappa applausi, il Tg1, cioè il telegiornale più seguito, è riuscito a mettere il servizio sul corteo, che pure era ben fatto, solo al dodicesimo posto. Quasi alla fine, sperando che un po' di italiani e di italiane avessero già spento il televisore.Ciò che dà fastidio - crea scandalo - è che le donne giunte da tutta Italia non hanno chiesto protezione o tutele.
Hanno parlato di rivoluzione nel rapporto tra i sessi, nella società, nella cultura, nella politica. E' stato un messaggio a tutto tondo, partito dalla critica alla violenza degli uomini che uccide le donne più di qualsiasi altra causa, per andare a toccare tutti i nodi della società e della politica.
Anche per questo la manifestazione di ieri non era, come tante ultimamente, silente. Era sì arrabbiata, ma appunto gioiosa, composta da generazioni diverse, da tante tantissime giovani, da giovanissime, con nel volto dipinto il simbolo femminista. Molti slogan, molti cori, molti visi sorridenti. Una lotta e un conflitto fatti col sorriso. Una manifestazione, hanno detto molte, come non se ne vedevano da trent'anni.
Adesso è il momento di assaporare il successo e di pensare ad un futuro, la cui molla non sono le leggi promesse all'ultimo momento o le leggi già scritte, come quella proposta dalla ministra Barbara Pollastrini criticata perché mette al centro non le donne, la loro libertà, ma la famiglia, ancora la sacra famiglia. Se proprio ci tiene la ministra, inizi un confronto vero con chi ha organizzato la manifestazione di ieri, non continui per la sua strada, azzeri invece il suo ddl e senta anche le nostre ragioni.
Tanti giornalisti hanno chiesto: e adesso che cosa volete? Forse si aspettavano una ricetta facile facile. Abbiamo detto che vogliamo la luna, vogliamo tutto e non vogliamo che in nostro nome si giustificano né politiche di guerra, né politiche repressive.
Non è un caso che il corteo è iniziato, prima dell'avvio vero e proprio, con una danza della ragazze rom. Un modo per ribadire la contrarietà delle manifestanti alla politica delle espulsioni e alla decisione del governo e di Veltroni di strumentalizzare l'uccisione di Giovanna Reggiani per mettere sotto accusa un intero popolo. L'obiettivo è un altro. Sono i mariti, i fidanzati, gli ex, è la famiglia come luogo in cui la violenza non solo avviene, ma in cui si origina, cresce, si alimenta. La giornata di ieri ci dice anche quanto questo messaggio sia passato, sia entrato in molte teste e in molti cuori. Non era una consapevolezza di poche. Era un senso comune che si respirava in tutto il corteo, negli slogan, nei discorsi. E vuol dire no alla violenza degli uomini, ma anche sì all'autodeterminazione delle donne, sì alla loro libertà, sì alla legge 194 e no alla legge sulla fecondazione assistita, che questo governo non ha nemmeno messo nel programma scritto prima delle elezioni e che ora difende a spada tratta. E' una legge fondamentalista, più fondamentalista di tanti paesi che critichiamo solo per giustificare le guerre, come anche la cronaca di ieri racconta.
Adesso è importante che tutta questa energia continui. Che non si disperda e che continui il lavoro collettivo, nel rispetto di tutte le storie e di tutte pratiche politiche. Ma è anche importante che la politica istituzionale, spenti i riflettori, non faccia di nuovo finta di nulla. Sarebbe davvero intollerabile. Oggi è la giornata mondiale contro la violenza degli uomini sulle donne. Che cosa vuol dire? Vuol dire che gli uomini devono smettere di fare finta di
nulla, quelli di destra e quelli di sinistra. Sono loro adesso che devono prendere parola pubblica, fare autocoscienza, dire qualcosa. Un silenzio maschile prolungato non solo non è più ammissibile, ma ormai patetico. E non significa fare i mea culpa, battersi il petto, ma farsi da parte, cedere il proprio potere, metterlo in discussione. Quanti saranno in grado di farlo?

lunedì 19 novembre 2007

G8 IN SARDEGNA. MARTONE (PRC) VOTA NO IN FINANZIARIA

Ricevo e pubblico seppur in ritardo le dichiarazioni del Senatore del Prc-Se Francesco Martone eletto nelle liste della Sardegna.


“Ritengo assurdo tenere il vertice del G8 in Sardegna, a La Maddalena, per vari motivi.” È quanto dichiara il senatore di Rifondazione Comunista eletto in Sardegna, Francesco Martone, che incalza “Sono contrario a questo evento ed ai 30 milioni stanziati in Finanziaria per la sua organizzazione, come ho avuto occasione di sottolineare in Aula. Vorrei rilevale come la formula del G8 sia oramai vetustà, obsoleta e non risponda più a quegli obiettivi di democratizzazione della governance globale che pure il nostro Governo vuole sostenere a livello di Nazioni Unite.” “Credo sia giunto il momento di pensare veramente a qualcosa di diverso da una vecchia formula, non democratica, che tra l'altro si esaurisce sempre con dichiarazioni di principio mai seguite da atti concreti: ad una formula maggiormente inclusiva che rientri nell'alveo delle Nazioni Unite e permetta veramente la costruzione di un sistema di governance globale democratico e multipolare". Conclude il parlamentare di Rifondazione. Infine Martone annuncia la sua adesione alla manifestazione che si terrà a Genova sabato 17 novembre, contro chi sta tentando di riscrivere la storia stravolgendone i fatti e le testimonianze, quelle di 300.000 persone che scesero in piazza nel 2001 contro i padroni del mondo.

Comunicato stampa su detenuto turco Avni Er recluso a Baddu è Carros.

ricevo e pubblico molto volentieri il comunicato stampa di Ciriaco Davoli scritto dopo l'incontro con Avni Er, detenuto Turco recluso a Badu e Carros


Consiglio Regionale della Sardegna
XIII^ Legislatura
Gruppo PRC-SE - Partito della Rifondazione Comunista - Sinistra Europea


COMUNICATO STAMPA

Il consigliere regionale del PRC-SE, Ciriaco Davoli, si è recato, lo scorso lunedì 12 novembre, al carcere di Badu è Carros per incontrare il detenuto turco Avni Er, militante dell'organizzazione della sinistra turca DHKPC, per verificarne le condizioni di salute e conoscere nei dettagli gli elementi più importanti del caso di cui è oggettivamente protagonista. Avni è stato condannato dal tribunale di Perugia in quanto avrebbe costituito, nella regione Umbra, una cellula del DHKPC, inserita nella "lista nera" delle organizzazioni terroristiche dell'Unione Europea. Condannato a sette anni dal tribunale di Perugia, venne trasferito dal carcere romano di Rebibbia a quello nuorese di Badu è Carros, creandogli, in questo modo, grossi problemi di comunicazione con il suo legale nella ricerca della linea difensiva. Avni, agendo nella sua attività politica alla luce del sole, ha sempre svolto un lavoro di diffusione e controinformazione sulla tragica situazione in cui si trovano, ancora oggi, i dissidenti turchi e ogni tipo di repressione e di persecuzione fisica che subiscono sistematicamente. Già la condanna sulla sola base di prove indiziarie al processo di primo grado del tribunale di Perugia è di per se gravissimo, sarebbe inaccettabile se venisse concessa l'estradizione di Avni, come richiesto dalle autorità turche, con la semplice giustificazione della lotta al terrorismo internazionale, mascherando quelli che realmente sono gli interessi economici tra i due Stati.

Tutti conoscono la situazione delle carceri turche e le modalità di repressione del dissenso. La Turchia occupa i primi posti nella classifica mondiale della violazione dei diritti umani, denunciati ripetutamente non solo da Amnesty International, ma anche dalla commissione ONU e da tante altre diverse organizzazioni mondiali, e non, che operano a sostegno del rispetto della persona. Ancora oggi, nonostante le numerose richieste di abolizione della pena di morte da parte della Comunità Europea, il Governo turco non ha minimamente preso in considerazione la proposta.
Si può facilmente immaginare il trattamento che sarà riservato ad Avni Er, considerato terrorista e nemico dello Stato turco. E' necessario, allora, che tutti i democratici si mobilitino e chiedano al Ministro Mastella di rifiutare l'estradizione proprio perché sussiste, concretamente, per il detenuto di essere sottoposto a torture o a trattamenti disumani.

Seminario formazione


Ricevo e pubblico

venerdì 16 novembre 2007

la cultura non si vende

17 Novembre ore 9.00 nei pressi del Quadrivio raduno per la manifestazione studentesca!

Il 17 Novembre scenderemo in piazza anche noi! Insieme ai e alle compagne dell'UDS riprenderemo le nostre città per ribadire che la cultura è un diritto che non si vende e non si compra.
Grideremo che:
- Crediamo in un miglioramento strutturale delle scuole e delle università
- Crediamo in un miglioramento dei rapporti di potere tra studenti e doceti, sottolineando la centralità dello studente nella vita scolastica
- Crediamo che tutte le riforme a partire dalla Berlinguer-Zecchino, passando per la Moratti ed arrivando alle modifiche Fioroni, siano fallimentari e non rispettino i diritti del vivere sociale e non rispettano lo studente e la sua formazione
- Crediamo fortemente che debba venir fuori la verità su Genova, pretendiamo verità sui fatti dei giorni in cui sono stati massacrati numerosi manifestanti ed è stato ucciso Carlo Giuliani reo unicamente di aver preso parte alla contestazione contro gli otto potenti
- Crediamo, infine, che chiarezza vada fatta sulla situazione dell'Università Nuorese, grideremo ad alta voce per tutelareciò che oggi esiste, e pretendere che in futuro a Nuoro si crei un polo universitario autonomo rispetto a quello di Cagliari e Sassari capace di dare risposte agli oltre tre mila circa studenti fuori sede costretti a lasciare la propria provincia per continuare gli studi!

Per questo, scenderemo in piazza, per rivendicare i nostri diritti, il nostro futuro e la nostra vita!
L'invito è rivolto a tutti e tutte i ragazzi che condividono la nostra piattaforma!
Una scuola diversa è possibile!

mercoledì 14 novembre 2007

17 Novembre:Tutti in Piazza!

Trovo sul sito nazionale dei GC e pubblico questo appello per la giornata del 17 Novembre. A parer mio questa data segnerà una svolta politica per il movimento studentesco che riscenderà ancora una volta in piazza per chiedere diritti e per chiedere di essere pratagonista della vita scolastica e non passivo compratore di cultura. Inoltre questa data rappresenta anche la nuova battaglia perchè si faccia chiarezza a distanza di 6 anni sui fatti di Genova!

Siamo studentesse e studenti delle scuole e delle università Italiane, il 17 novembre nella giornata internazionale di mobilitazione studentesche manifesteremo in tutte le città Italiane per rivendicare il diritto ad una formazione libera, pubblica, di qualità, per l’ accesso alla conoscenza in tutte le sue forme, per il diritto allo studio, al reddito, alla democrazia. Ci considerano utenti, consumatori passivi, fruitori di conoscenze e di saperi ridotti a merci, continuano a votare riforme e decreti sulla scuola e sull’università senza tenere conto delle nostre decisioni, dei nostri desideri. Vogliamo riprenderci la parola per riprenderci la politica, la partecipazione, la democrazia.Per noi Genova 2001 è stato questo. Un sogno collettivo, un altro mondo possibile, un mondo fatto di pace, di diritti, di uomini e di donne e non solo di profitti e mercato. Siamo la generazione che ha scoperto la politica dopo le giornate Genovesi, fisse nelle nostre menti ci sono le immagini di quelle giornate straordinarie e drammatiche, abbiamo visto la gioia della contestazione agli 8 padroni della terra, la violenza della repressione, la morte in diretta di Carlo un ragazzo che non abbiamo mai conosciuto ma che sentiamo come un nostro fratello, abbiamo sentito la paura nelle aule della Diaz e nella caserme Bolzaneto.Questa è la storia di Genova, questa è la nostra storia.Oggi qualcuno vorrebbe riscrivere quelle giornate nelle fredde aule di un tribunale, oggi qualcuno vorrebbe imputare a 25 persone tutto quello che in quei giorni è accaduto. Centinaia di anni di galera, centinaia di migliaia di euro di danni, reati anacronostici di “concorso in devastazione e saccheggio”: rifiutiamo la logica del capro espiatorio e continuiamo a chiedere verità e giustizia sulla tragica gestione dell’ordine pubblico durante le giornate genovesi. Vogliamo che il parlamento come promesso nel programma dell’Unione istituisca subito la commissione di inchiesta su Genova per svelare le responsabilità nella catena di comando delle forze dell’ordine e indagare finalmente sulla sospensione dei diritti democratici da molti, tra cui amnesty international, denunciata.. Siamo tutti colpevoli di sognare un altro mondo, siamo tutti colpevoli di volere una vita fuori dal neoliberismo e dalla guerra, siamo tutti colpevoli di disobbedire alle leggi ingiuste con cui controllano la nostra vita, le nostre scuole e le nostre università. Per questo lanciamo un appello a generalizzare i contenuti della manifestazione di Genova in tutte le manifestazioni studentesche che si svolgeranno in quella giornata per questo lanciamo un appello alla costruzione di uno spezzone studentesco nella manifestazione che il 17 a Genova ribadirà: la storia siamo noi.

http://gc.rifondagenova.net/index.php?option=com_content&task=view&id=584&Itemid=33
In questo indirizzo troverete il volantino e il manifesto nazionale.
saluti comunisti Paolo

domenica 11 novembre 2007

Questione di Genere..Questione di Civilta!


Ricevo e pubblico l'ottimo intervento di Patrizia, Responsabile delle Politiche di Genere della Segreteria Provinciale di Nuoro


La violenza subita da Giovanna Reggiani e la sua morte, non devono diventare un pretesto per una campagna d’odio e razzismo. Chi come noi da anni si batte contro la violenza subita dalle donne , non può non rimanere disgustata dalla strumentale e scomposta reazione di fronte all’ennesimo femminicidio nel nostro Paese. All’orrore per l’orrendo crimine compiuto contro Giovanna si aggiunge l’orrore per la “ caccia al romeno” che ha preso il via dall’intervento del governo contro i campi nomadi ed è proseguita come un’onda nera nelle aggressioni squadriste agli stranieri.
La violenza sulle donne non è prerogativa dei romeni, il fatto che l’aggressività maschile sia la prima causa di morte e di invalidità permanente per le donne in tutto il mondo , deve essere sempre presente nella visione complessiva di un dramma che travalica le differenze etniche, linguistiche e religiose. Non dobbiamo permettere a nessuno l’utilizzo strumentale della morte di una donna. Per noi la morte di Giovanna non è, purtroppo, diversa dalle altre centinaia di morti e violenze che le donne subiscono ogni giorno nel nostro paese e nel mondo, il fatto che sia stato commesso da un romeno non aggiunge orrore all’orrore.
Non esiste una specificità del problema rispetto ad una sola etnia, questa è stata montata ad ‘arte dai media a da qualche sciagurato politico, che ha sfruttato la morte di una donna per raggiungere obbiettivi che niente hanno a che vedere con la lotta alla violenza contro le donne.
Noi non dobbiamo permettere che l’ennesima tragedia venga utilizzata per colpire migliaia di donne, uomini e bambini che vivono in condizioni di estrema indigenza nel nostro Paese.
Che la colpa personale di un individuo venga fatta ricadere su un intero gruppo etnico, ci rimanda con la memoria a scenari d’altri tempi che vorremo francamente non rivivere.
La violenza contro le donne va combattuta ogni giorno con un reale cambiamento culturale nel nostro paese, non saranno certo le espulsioni o gli sgomberi degli stranieri a fermare il Femminicidio.
La maggior parte delle violenze si consuma muta tra le mura domestiche e a compierle sono mariti, conviventi parenti e amici. Dobbiamo partire da questo dato se realmente vogliamo cambiare le cose, bisogna parlare, discutere e cercare soluzioni per fermare la mano di questi aguzzini .
Il cambiamento deve partire dalle scuole, dalle famiglie nella società. Nelle scuole si devono programmare lezioni che educhino alla riscoperta e al rispetto della “differenza” tra i generi; nella società, nella politica si deve operare un reale cambiamento nel la distribuzione dei ruoli tra i generi, che per le donne troppo spesso i mass media ci trasmettono come solo ornamentale.






Patrizia Ruiu
Dipartimento politiche di Genere
Segreteria Provinciale Prc-Se

mercoledì 7 novembre 2007

..Questione sicurezza??!!

Trovo e pubblico un intervento di Agnoletto sul decreto delle espulsioni


«Il decreto sulle espulsioni non rispetta alcuni principi della direttiva europea n.38 del 2004» così Vittorio Agnoletto, eurodeputato della Sinistra Europea. «Per questo motivo settimana prossima, in occasione della prossima sessione plenaria del Parlamento Europeo, presenterò un’interrogazione a Commissione e Consiglio europei, nella quale chiederò se il decreto emanato dall’Italia è compatibile con i dettami della direttiva comunitaria.
L’elemento che non convince è in primo luogo la motivazione dell’espulsione: la direttiva è molto chiara. Non esiste l’espulsione preventiva per persone potenzialmente autrici di reati, la pericolosità dei cittadini va accertata. Si legge infatti nel testo della direttiva: «il comportamento personale deve rappresentare una minaccia reale, attuale e sufficientemente grave da pregiudicare un interesse fondamentale della società. Giustificazioni estranee al caso individuale o attinenti a ragioni di prevenzione generale non sono prese in considerazione».
L’Europa garantisce inoltre al cittadino comunitario la possibilità di ricorrere contro l’espulsione: «In ogni caso – è scritto nel testo–il cittadino dell’Unione e i suoi familiari dovrebbero poter presentare ricorso giurisdizionale ove venga loro negato il diritto d’ingresso o di soggiorno in un altro Stato membro». Quindi, salvo casi gravi, non è prevista come pratica corrente nessuna espulsione immediata.
Infine, «i cittadini dell’Unione dovrebbero aver il diritto di soggiornare nello Stato membro ospitante per un periodo non superiore a tre mesi senza altra formalità», come continua la direttiva. Solo dopo tale periodo, previsto come necessario per cercare lavoro, dovranno dimostrare di aver trovato di che sostenersi» conclude Agnoletto.

giovedì 1 novembre 2007

Convocazione Coordinamento provinciale GC


E' convocato per Domenica 4 Novembre alle ore 17,30 il coordinamento Provinciale dei Giovani Comunisti.

La riunione si terrà nei locali della Federazione di Nuoro e si discutteranno i seguenti Odg:

1- Situazione politica Nazionale

2- Situazione politica Regionale e Provinciale

3-Discussione sullo stato dell'Università Nuorese - Organizzazione 17 Novembre (giornata dello studente)

4- Possibilità costruzione future manifestazioni

5- Varie ed eventuali


Chiediamo a tutt* i/le Compagn* di partecipare numerosi e di avvisare tempestivamente di una loro possibile assenza.

Come sempre sono invitat* tutt* i/le compagn* che pur non facendo parte dell'organismo vogliano partecipare alla discussione.

Saluti comunisti i Portavoce : Paolo Meloni e Claudia Seddone